Era considerata la nuova mecca della felicità, ci andavano a vivere sempre più persone, italiani compresi, residenti da tempo a Lisbona, stufi e frustrati dalla capitale lusitana, diventata impossibile negli ultimi anni per chi non guadagnava abbastanza a causa dei continui rincari degli affitti, oramai eccessivi e folli. Il nuovo rifugio si trovava ora dall’altra parte del fiume, l’altra sponda del Tejo la si raggiungeva passando per il Ponte 25 de Abril, in macchina, in bus, oppure salpando sul cacilheiro dalla stazione fluviale di Cais do Sodré, ogni dieci minuti era possibile salire su un’imbarcazione con destinazione Cacilhas, quartiere di Almada, un quarto d’ora scarso di navigazione e si arrivava in questo splendido porticciolo, delimitato a nord dal fiume e a ovest dall’Oceano Atlantico.
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Pura Poesia
Al sesto squillo del campanello ci affacciammo alla finestra del salotto, dal terzo piano vedevamo con facilità chi fosse in strada davanti al portone del palazzo, centottanta secondi dopo era in casa nostra a fumarne una, la rullò in tempi record, “fa troppo ridere come le chiamano qui, galinhas, vi rendete conto? Galinhas!”, e a raccontarci che non era andato a Milano da suoi genitori perché non ne aveva avuto voglia, non era in buoni rapporti con loro. Questa era una parte di verità, l’altra è che si ritrovava sempre a corto di denaro, il suo stipendio, poco meno di mille euro mensili che percepiva come i suoi colleghi italiani assunti in uno dei tanti call center presenti in città, lo sperperava in divertimenti e vizi vari e l’acquisto di un biglietto low cost andata e ritorno non rientrava tra le sue priorità.