Se Lisbona non è un’assurda speranza

Abbiamo incontrato Daniele Coltrinari, autore di un romanzo breve dal titolo “Lisbona è un’assurda speranza (Scatole Parlanti, maggio 2021) e di altre opere, per parlare con lui di come è stata negli ultimi anni la capitale portoghese e di come potrebbe essere nel prossimo futuro

Daniele Coltrinari lo scorso anno, a maggio, usciva il tuo “Lisbona è un’assurda speranza”. Partiamo da qui, perchè questo titolo e che legame hai con questa città?

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Piena – libri persone visioni. È nata una libreria italiana a Lisbona

Da sx a dx: Elisa e Sara. Foto di Claudia Missaggia

L’inaugurazione ufficiale è stata lo scorso venerdì 24 giugno. Piena -Libri ● Persone ● Visioni- è la prima libreria italiana a Lisbona. Una libreria indipendente dove trovare romanzi, racconti e saggi di autrici e autori italiani e libri stranieri tradotti in italiano.

«Sapevamo che in passato ne esisteva già una in città, ma che nel 2011 chiuse a seguito della crisi. Era un periodo dove c’erano già diversi italiani a Lisbona, ma riteniamo che oggi vi siano molti più connazionali rispetto agli ultimi anni».

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Nova Lisboa. Razzismo e abitazione in Portogallo

Questo reportage, realizzato insieme a Luca Onesti, è uscito su Frontiere News il 12-12-2021, lo trovate qui in versione multimediale con diverse foto di Onesti.

«Noi possiamo essere della città o stare nella città, e le due cose sono importanti perché una persona si senta cittadina in uno spazio geografico, qualunque esso sia. Ma la maggior parte delle volte quello che succede, specialmente con i migranti, è che non sono della città ma soltanto stanno nella città».

Mamadou Ba, dirigente e attivista di SOS Racismo, associazione nata a Lisbona all’inizio degli anni Novanta, ritiene che per comprendere meglio il razzismo in Portogallo ci sia bisogno di riferirsi alle politiche pubbliche in aree diverse come quella dell’abitazione, dell’educazione, della sanità e della giustizia sociale. Ad esempio, l’offerta del servizio sanitario nazionale nelle diverse zone dell’area metropolitana di Lisbona si differenzia per qualità e accessibilità.

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Lisbona è bohémien. Se sai dove guardare

Fabio Rossi ha 37 anni e un curriculum poco brillante quando, nel 2013, decide di andare a vivere per un po’ a Lisbona: studente “fuori corsissimo” e bocciato per due volte alle medie e al liceo, vanta una lunga storia di lavori sottopagati e casuali tra cui quello di giornalista free lance. Sceglie la capitale portoghese per disperazione ma se ne innamora a mano a mano che si addentra nella storia e nei quartieri più snobbati e periferici, nei suoi protagonisti sconosciuti alla storiografia ufficiale e nelle zone che vivono di doppia vita: brillante in apparenza ma anche centro di spaccio e sex workers. L’appartamento scalcinato nel quartiere dell’Alfama in cui trascorre i primi anni è un punto di partenza per scandagliare zone come Mouraria in cui la composizione sociale di pensionati portoghesi e immigrati asiatici e africani è stata per parecchio un deterrente alla gentrificazione. Fabio Rossi è l’alias di Daniele Coltrinari che, tornato in Italia nel 2017, continuerà a fare avanti e indietro da Lisbona che troverà sempre più addomesticata dal turismo. E su cui ha scritto di recente questo libro asciutto e anticonvenzionale dove la sua avventura molto bohémienne si mescola con quella della capitale ma anche di tanti europei che nella capitale lusitana hanno trovato un senso, ognuno a suo modo.

di Gabriella Saba, Il Venerdì di Repubblica, 17-12-2021

Quei favolosi miradouros e anni ’60

Qualche settimana prima che il mio futuro ex coinquilino lasciasse la città decidemmo di organizzare una despedida, un festa di addio. C’eravamo dati appuntamento alle sette di sera in uno dei diciannove miradouros ufficiali, uno dei terrazzi più popolari e conosciuti della città e uno dei tanti punti panoramici dove si osservavano il Ponte 25 de Abril che attraversava il Tejo da una sponda all’altra e il Cristo Rei, statua che si ergeva dall’altra parte del fiume. Arrivai con Marco con mezz’ora abbondante di ritardo. João e Daniela erano già lì, Cecília invece non si presentò, ci inviò dopo qualche ora un messaggio per farci sapere che non si sentiva molto bene. Il miradouro di Santa Caterina era chiamato da chi lo frequentava anche l’Adamastor: il soprannome era dovuto alla presenza di una statua collocata al centro di questa splendida terrazza vista Tejo, raffigurante un gigante basato sulla mitologia greca, creatura inventata dalla fantasia di Luís de Camões nel poema epico Os Lusíadas, l’Adamastor, appunto. Continua a leggere “Quei favolosi miradouros e anni ’60”