La Volta a Portugal presentata da il direttore Joaquim Gomes

Nato a Lisbona nel 1965, l’attuale direttore tecnico della Volta a Portugal ha iniziato a correre nel 1986 per la squadra dello Sporting di Lisbona insieme ai ciclisti portoghesi più forti dell’epoca, Marco Chagas e Alexandre Ruas tra gli altri, e ha vinto due edizioni della Volta, sfiorando la vittoria in diverse altre edizioni. Sin da giovanissimo ha legato la sua fama ad una delle salite mitiche della Volta, la scalata ad Alto da Torre, il punto più alto del Portogallo continentale, dove ha vinto ma ha anche vissuto dei momenti molto difficili. Terminata la carriera di ciclista, nel 2002, è divenuto direttore della più importante competizione a tappe portoghese.

Da quanto tempo è direttore tecnico de A Volta a Portugal? Quali sono le novità dell’edizione di quest’anno?

Ho terminato la mia carriera di ciclista nel 2002. Sono direttore della Volta dal 2003. La novità più significativa quest’anno è, dopo 87 anni di storia, l’esordio assoluto di quattro località nel percorso. L’arrivo a Montalegre, con la Serra do Larouco, il secondo punto più alto del Portogallo continentale, con i suoi 1527 metri. La partenza da Boticas nella tappa con l’arrivo a Sr.ª da Graça, uno dei luoghi mitici della prova. La partenza da Oleiros nella cronometro decisiva del penultimo giorno. E, per concludere, la partenza da una piccola località, Burinhosa, nel consiglio di Alcobaça, che simbolicamente si legherà, grazie alla Volta, alla capitale del paese, Lisbona.

Alejandro Marque è il vincitore ufficiale dell’ultima edizione, nonostante il risultato positivo al test antidoping del dicembre 2013?

Purtroppo non c’è ancora una decisione ufficiale sul caso. Quello che è in causa e sta generando ritardo nella decisione non è la sostanza ma il procedimento con il quale è stata somministrata. Quali saranno gli atleti portoghesi che lotteranno quest’anno per la vittoria finale. Quello che è arrivato più volte vicino alla vittoria è Rui Sousa. Ma abbiamo anche Hugo Sabido e alcuni giovani che iniziano ad imporsi.

Joaquim Agostinho e Rui Costa. Cosa pensa di questi due campioni portoghesi, uno del passato e l’altro di oggi?

Agostinho è stato una forza della natura. Ha cominciato a gareggiare a 25 anni, sostituendo gli strumenti agricoli con la bicicletta. Dopo poco già si contendeva le cronometro al Tour con i rappresentanti di una delle generazioni più forti di sempre, della quale Eddy Merckx era il re. Rui, che è uno dei migliori al mondo, ha compiuto un percorso di formazione che ha richiesto un grande spirito di sacrificio e dedizione, ma gli ha consentito, sin da molto presto, un livello di preparazione tra i più avanzati.

Joaquim Gomes ha vinto due volte la Volta a Portugal, come considera la sua carriera?

Subito, quando avevo appena ho iniziato ad affermarmi, avrei potuto vincere la prima Volta, a 21 anni, ma una caduta grave mi ha tolto la vittoria dalle mani. Ci sono poi riuscito a 23 anni, nell’ultima edizione di 21 giorni! Ho sempre rifiutato la possibilità di correre per una squadra straniera e questo ha condizionato la mia evoluzione, che si è focalizzata esclusivamente sulla Volta. Ho partecipato a 18 edizioni, facendo mio il record di piazzamenti sul podio, con 7 presenze. Quattro volte 3°, una volta 2° e due volte 1°.

Lei ha vinto diverse volte la tappa regina della Volta, con la salita all’Alto da Torre. Che significa per lei quella montagna e quali sono le sue emozioni quando il gruppo affronta quella tappa?

È il luogo che mi ha segnato di più. Ha contribuito in maniera decisiva alle mie vittorie, ma mi ha anche causato cadute gravi che mi hanno impedito di raggiungere più volte la vittoria finale. Ancora oggi ho qualche difficoltà ad allontanare questo passato quando il percorso della corsa lo affronta.

La Volta a Portugal è penalizzata dalla sua collocazione in calendario, schiacciata tra Tour e Vuelta a España?

Ovviamente sì. Ad ogni modo non possiamo porre in causa i valori tradizionali della Volta. La Volta è sinonimo di estate e di vacanze.

Quintana quest’anno è stato il primo colombiano a vincere il Giro d’Italia. Come sta cambiando il ciclismo negli ultimi anni? Quali sono le differenze con il ciclismo degli anni ’80 e ’90, che lei ha vissuto da protagonista, conoscendo i migliori ciclisti di quell’epoca?

La storia del ciclismo degli anni ’80 e ’90, e poi degli anni successivi, è stata molto condizionata dalla cultura radicata del ricorso al doping nelle competizioni di alto livello e dall’intervento poco etico della medicina sportiva che, in una mezza dozzina d’anni, ha alterato il profilo morfologico, fatte salve rare eccezioni, del vincitore tipo delle grandi prove a tappe. In questa fase i corridori colombiani, di bassa statura, vedevano limitata la loro performance. Per fortuna, i progressi scientifici degli ultimi anni, come il passaporto biologico e la possibilità di rintracciare l’Epo, hanno finito per ristabilire la verità sportiva.

Pubblicato su Sosteniamo Pereira (29/07/2014)

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