È stata la prima e unica donna che abbia partecipato al Giro d’Italia maschile. Anno 1924: Alfonsina Morini, poi Alfonsina Strada dopo il matrimonio con Luigi Strada. Nasce il 16 marzo del 1891 a Riolo di Castelfranco Emilia, da una famiglia povera e numerosa. A dieci anni scopre la bicicletta: una vecchia bici portata in casa dal padre qualche tempo prima. Sarà amore a prima vista. Negli anni successivi riesce ad allenarsi con regolarità correndo sulla via Emilia e ogni domenica gareggia con altre donne: in breve tempo arriva ad essere considerata la miglior ciclista italiana.
Poi si sposta a Milano, conosce e sposa Luigi Strada, lei vuole continuare a correre ma molte manifestazioni sportive vengono cancellate; siamo in piena Prima guerra mondiale e corre l’anno 1917. Non il giro di Lombardia, però. Quello si fa e allora lei s’iscrive, numero 74: arrivo e partenza a Milano, 204 chilometri da pedalare insieme a Girardengo e altri ciclisti maschi dell’epoca. Arriverà ultima, un’ora e mezza dopo il vincitore. Poi accade l’imponderabile: anno 1924, il Giro d’Italia fatica a trovare iscritti e i grandi nomi scarseggiano, le squadre hanno deciso di boicottare la manifestazione in segno di protesta contro gli organizzatori. Questione di soldi. E allora il Giro apre la competizione ai corridori senza squadra, per Alfonsina Strada è l’occasione della vita. Viene accettata tre giorni prima della partenza, 3.613 chilometri in dodici tappe, dal 10 maggio al primo giugno, Novanta i partecipanti, alla prima tappa la sua presenza passa quasi inosservata, ma alla seconda il pubblico raddoppia e Alfonsina diventa sempre più popolare. All’ottava tappa di quell’edizione, la Aquila-Perugia, Alfonsina va in crisi: dolori a gambe e braccia, postumi delle numerose cadute dei giorni precedenti. Arriva fuori tempo massimo. Finirà il giro grazie a una deroga della giuria, preoccupata di perdere l’unico motivo di interesse di quell’anno. Alfonsina arriva a concludere il Giro, a Milano. Solo 30 sui 90 iscritti sono arrivati fino alla fine, e Alfonsina c’è. Al termine dell’ultima prova è accolta trionfalmente dal pubblico: applausi, gioia, felicità. Durerà poco però, quello del ’24 è il primo e unico Giro d’Italia di Alfonsina. Non è mai più stata accettata. A ogni sua richiesta, ogni anno, la stessa riposta: non idonea. Per vivere, Alfonsina si ritroverà a pedalare con la sua bicicletta sotto il tendone di un circo in Francia e in Spagna, ma riuscirà a togliersi ancora qualche soddisfazione. A quasi 50 anni, nel 1938 a Saint Germain stabilisce il primato mondiale femminile di 12 ore. La sua ultima gara è invece nel 1956, a 65 anni, una corsa per veterani in un circuito a Nova Milanese, e lei la vince. Nel frattempo ha aperto il suo negozio – officina per la vendita e la riparazione di biciclette ma nella sua storia non ci sarà una vecchiaia felice. Alfonsina morirà in tragedia: 13 settembre 1959, domenica sera. Dopo essere stata con la sua moto Guzzi a vedere la partenza della Tre Valli Varesine, torna a casa ma è triste: nessuno l’ha riconosciuta, così racconta alla portinaia. Poi decide di andare a parcheggiare la moto al suo negozio. Ma la sua Guzzi è tutto il giorno che le dà problemi. Con il pedale prova a metterla più volte ad accenderla, all’ennesimo tentativo cade. Il suo cuore non regge lo sforzo e muore prima di arrivare in ospedale. Ad Alfonsina Strada sono state dedicate diverse vie nel nostro Paese, non ancora a Perugia però, città dove la ciclista arrivò fuori tempo massimo durante il suo unico e primo Giro d’Italia. E grazie una deroga riuscì terminare la competizione entrando nella leggenda di questo sport. Ad Alfonsina sono stati dedicati diversi spettacoli teatrali, canzoni, si sono scritti libri sulla sua storia e si è parlato più volte di lei sui media. Ma a un secolo dalle sue gesta qualcosa ci dice che non è mai abbastanza, e che la sua è una storia che vale la pena raccontare, sempre.
Pubblicato su Il Salto (04/02/2018)