Rui Sousa, il campione senza vittorie più amato dai portoghesi

Foto di Luca Onesti tratta da C’era una Volta in Portogallo

Ci sono atleti che inseguono una vittoria durante tutta la loro carriera, senza mai riuscirci. Magari ci arrivano vicino, ma quella vittoria che sognano fin da bambini gli sfugge di mano per un soffio. L’emblema di questo prototipo di campione senza vittoria nel ciclismo è Rui Miguel Sousa Barbosa, chiamato dai cronisti sportivi semplicemente Rui Sousa.

Il ciclista lusitano, conosciuto in patria e praticamente sconosciuto fuori dai confini nazionali, è andato tante volte vicino alla vittoria finale della Volta a Portugal, la maggior competizione ciclistica a tappe portoghese che si svolge generalmente tra la fine di luglio e la prima settimana di agosto.

Da tanti anni seguo questa competizione e oltre a poter osservare le gesta sportive di Rui Sousa dal vivo, ho compreso quello che ogni portoghese, appassionato e non di ciclismo sa perfettamente: questo atleta non è un semplice corridore che si è piazzato tante volte sul podio finale della classifica finale della Volta a Portugal, senza mai salire sul gradino più alto. Rui Miguel Sousa Barbosa è molto altro, molto di più. Un corridore d’altri tempi che ti riporta al ciclismo più genuino, passionale, vicino alla gente. E questo non è possibile, come potrebbe far notare qualcuno, solo perché la Volta a Portugal è meno blasonata e importante rispetto a un Giro d’Italia, un Tour de France o una Vuelta a Espanha (ma è comunque una manifestazione dove partecipano team e ciclisti internazionali, spesso anche italiani). Rui Sousa è molto più di un semplice ciclista, perché è uno che ha sempre amato il suo Paese, impegnandosi anche politicamente in prima persona, da qualche anno infatti, è presidente di una freguesia (unità amministrativa assimilabile a una municipalità), União das Freguesias de Barroselas e Carvoeiro una sorta di municipio, nel distretto di Viana do Castelo, città che dista pochi chilometri da Barroselas e che si affaccia sull’oceano a nord del Paese, famosa anche per essere stata “cantata” in una canzone della fadista per eccellenza, Amália Rodrigues, in “Havemos de Ir a Viana”. Una volta hanno chiesto a Rui Sousa cosa significasse per lui far politica, anche se in una piccola località dove è nato e ha sempre vissuto. « È stato un passo difficile – ha risposto lui –. Perché ci sono tante difficoltà a partire da quelle finanziarie. Cerchiamo di lavorare al meglio delle nostre capacità. È con questo impegno che dovremmo essere tutti in politica». Molto probabilmente il ciclista di Barroselas non farà carriera nella politica nazionale. Rieletto lo scorso ottobre sempre nelle fila del Partito Socialista portoghese, il suo impegno nella comunità locale – parliamo di circa cinquemila abitanti – è totale. Per lui la riqualificazione dei parchi o delle aree giochi per i bambini nel suo territorio, insieme al ciclismo, viene prima di tutto il resto. Da ormai qualche mese non si vedono più i suoi scatti, i suoi attacchi in salita e in montagna, coraggiosi, avvincenti, passionali. Non importa come andavano a finire, se con delle vittorie di tappa o no. Quest’uomo ha emozionato per oltre vent’anni tutti i portoghesi e quando nella conferenza stampa dello scorso anno, durante una giornata d’agosto e di riposo della Volta, prima della gara successiva, annunciava il suo ritiro dal professionismo, nessuno ci voleva credere. Anche se quell’annuncio è arrivato a 41 anni compiuti e la notizia era già nell’aria da tempo. E invece il tempo passa inesorabilmente per tutti e anche per Rui Sousa. Ma c’è da scommettere che anche quest’anno sarà alla Volta a Portugal, magari come commentatore sportivo di qualche giornale o televisione nazionale, o magari con qualche incarico all’interno dell’organizzazione del giro ciclistico. Certo, non potrà più emozionarci in gara ma l’uomo è ben voluto dal pubblico e saprà come farsi apprezzare, anche se è sceso dal sellino della sua bici.

Pubblicato su Il Salto (20/01/2018)

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