
«Quel bel giorno d’estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto», scriveva Antonio Tabucchi nel suo romanzo capolavoro Sostiene Pereira, (è uscito recentemente nei Meridiani un’edizione con tutte le sue opere, scritti editi e inediti). Esiste ancora la Lisbona lucente e decadente raccontata nello splendido Lisbon Story di Wim Wenders? La Lisbona di Fernando Pessoa, della fadista Amália Rodrigues e del Fado, è cambiata tanto e cambia sempre di più. È sempre più mercificata, standardizzata, sta diventando simile a tante altre capitali europee.
La vecchia città-rifugio, colpita nella sua lunga storia da pesti, terremoti, rivoluzioni e crisi economiche, è in questo momento alle prese con un’invasione senza precedenti di uomini e capitali stranieri. La chiamano Lisboom – tra gli italiani presenti in città, più volgarmente, Lisbomba – quella che in certi momenti del giorno sembra un luna park a uso e consumo dei turisti. E non solo, agli startupper, agli artisti, musicisti e ai creativi in generale già presenti qui da anni, se ne aggiungono sempre di più. La capitale portoghese è considerata da tanti come il luogo perfetto per sviluppare i propri progetti, una sorta di polo hi-tech progressista. E allora cosa c’è che non va? La Gentrificazione. Il termine, coniato nel 1964 da Ruth Glass, si riferisce al processo di sostituzione, in una determinata area urbana, di una classe economicamente più svantaggiata a favore di una più agiata, accompagnata da processi di riabilitazione urbana. Vi è poi nello specifico la “turistificazione”, una gentrificazione residenziale che comporta la sostituzione della popolazione locale con una nuova, di passaggio e costituita da turisti e da catene multinazionali, attraverso la sostituzione del commercio locale a favore di un commercio ad uso prettamente turistico. «A maior parte das pessoas que eu ouço dizer que Lisboa está linda e incrível são as que cá não moram cá». Filipe Homem Fonseca, nato a Lisbona nel 1974 – dove ha sempre vissuto e continua a vivere – è uno scrittore, drammaturgo, musicista e regista. In una recente intervista, che ha suscitato molto interesse, ha dichiarato che «la maggior parte delle persone dalle quali sento dire questa è una città bellissima e incredibile non vive qui». Lo scorso febbraio è uscito il suo terzo romanzo: A Imortal da Graça (Quetzal Editores) è la storia di un quartiere, di una comunità e dei suoi residenti che difendono in tutti i modi il «loro diritto di continuare a vivere dove hanno sempre vissuto», lottando contro la speculazione immobiliare e difendendosi da un turismo sempre più sfrenato che invade quotidianamente i loro spazi sociali. Ci troviamo a Graça, una delle zone più belle e centrali di Lisbona – anche se non fa parte dei bairros históricos rispetto ad altri quartieri come ad esempio Alfama, la Mouraria, il Bairro Alto e lo Chiado – dove oggi si possono incontrare case e palazzi in ristrutturazione. «In alcuni punti, questa città sembra essere uscita recentemente da una guerra e da un bombardamento», chiosa Fonseca nella sua intervista. Se si è arrivati a questo punto, molte delle responsabilità sono anche delle scelte imposte durante il periodo della Troika, la tutela internazionale a cui si è affidato il Paese per poco più di tre anni (78 miliardi di euro prestati da Commissione Ue, Bce e Fmi e necessari per evitare di chiuder bottega, quando si era sull’orlo della bancarotta). Da un paio d’anni, dopo il buio e la recente crisi, il Portogallo è finalmente uscito dalla Troika e in questo momento c’è un clima economico positivo e di crescita. Ma al prezzo di una fortissima gentrificazione, fenomeno subito principalmente nelle grandi città lusitane come Porto e in particolar modo Lisbona. «Negli anni 80 e 90 i centri storici erano frequentemente degradati e desertificati, un fenomeno comune a molte capitali europee e presente anche a Lisbona. Qui, a partire dai primi anni 90, vennero implementate delle politiche di riabilitazione tramite finanziamenti pubblici ed europei, per ristrutturare case e palazzi con l’obbiettivo di permettere alla popolazione locale di ottenere le condizioni di abitabilità necessarie a vivere dignitosamente nei propri appartamenti. La città tornò in parte a ripopolarsi nei quartieri centrali, fino ai primi anni 2000, poi, quando questi fondi vennero tagliati, il comune di Lisbona si spostò verso politiche più marcatamente neoliberiste». L’analisi è di Fabiana Pavel, ricercatrice al Ciaud-Gestual (Grupo de Estudos Sócio-Territoriais e de Acção Local) dell’Università di Lisbona e residente da oltre dieci anni nella capitale portoghese. Fabiana fa parte di Morar em Lisboa, una delle più importanti piattaforme cittadine, insieme a Stop Despejos, che si batte per riuscire a non far sfrattare le persone meno abbienti dalle case in cui vivono e difendere gli spazi pubblici e sociali presenti in città, sempre più sotto il mirino della gentrificazione. «Con la Troika è stato liberalizzato il mercato degli affitti – continua Fabiana Pavel – se è vero che prima, in alcuni casi, esistevano degli affitti molto bassi rispetto ai prezzi di mercato che penalizzavano molto i proprietari (il Portogallo si portava dietro una legge di epoca salazarista, Ndr) perché, c’era una sorta di equo canone, ora i prezzi sono schizzati alle stelle. E se è anche vero che molto spesso prima i proprietari che ricevevano queste entrate economiche, spesso modeste, per questi affitti modesti, bloccati per legge, non volevano o non potevano permettersi di ristrutturare appartamenti e immobili di proprietà e che si trovavano sovente in situazione di degrado, lasciavano la ristrutturazione agli affittuari che se lo potevano permettere. Oggi la nuova legge facilita gli sfratti e ci troviamo di fronte a decine di casi drammatici. Tranne in alcune situazioni specifiche, anziani con più di 65 anni o con invalidità, tutti gli altri possono essere facilmente mandati via. L’aumento esponenziale della ricerca di appartamenti da affittare per periodi brevi a uso turistico, spinge i proprietari a preferire questo modello di affitto, considerato più redditizio. Se è vero che queste proprietà vengono ora restaurate, è vero anche che i lavori vengono effettuati spesso senza controlli e con l’utilizzazione di tecniche e di materiali non compatibili con gli edifici antichi. Sono frequenti i palazzi interamente sventrati nel loro interno, dei quali si mantiene appena la facciata, secondo operazioni che non sono di restauro ma di rinnovamento e di ricostruzione, causando la perdita di parte del patrimonio storico costruito». Solo due tipologie di persone in questo momento non subiscono il fenomeno della gentrificazione: i pensionati europei e i Golden Visa. I tanti pensionati europei che decidono di trasferirsi in Portogallo e che trovano un vero “paradiso fiscale” grazie a un provvedimento del governo portoghese bilaterale con alcuni Paesi, tra cui l’Italia. I nostri connazionali già in pensione, come quelli di altre nazioni, possono percepire la loro pensione dal Paese d’origine al netto, senza dover pagare nessuna imposta, per un periodo di 10 anni. Basta spostare la propria residenza in Portogallo e trascorrervi almeno 6 mesi all’anno per usufruire di questa detassazione. Se prendiamo ad esempio una pensione di 1.800 euro in Italia, tassata più o meno intorno ai 400 euro, capiamo immediatamente il vantaggio di vivere qui con una pensione “integrale”, compresa anche del lordo e non tassata, dove il costo della vita è all’incirca più economico di quasi il 30% rispetto a una grande città italiana. La vita non è, però, altrettanto economica per chi vive da sempre a Lisbona del proprio lavoro. Il costo degli immobili e degli affitti è in continuo aumento. Gli stipendi portoghesi sono bassi, la media non supera i 900 euro mensili, con un salario minimo nazionale fissato intorno ai 600 euro in una città dove ormai un appartamento con un contratto “post Troika” nelle zone centrali e semi centrali, può costare anche 1.000-1.500 euro al mese. I Golden Visa sono la seconda tipologia di persone che non soffre della gentrificazione. Parliamo di chi è in possesso del “Visto Gold”, ovvero del Golden Visa, un permesso di soggiorno in territorio portoghese assegnato ai fini di investimento e destinato a chi non è cittadino nel territorio dell’Unione europea e dello spazio Schengen. Si tratta di un privilegio, per chi se lo può permettere, di entrare e/o soggiornare in Portogallo e che consente al titolare di stabilirsi e di investire in questo paese e di circolare nella zona Schengen liberamente. Come si ottiene il Visto Gold? Sostanzialmente in tre modi: con un trasferimento di investimenti/capitali di almeno un milione di euro, con la creazione di un impresa in terra lusitana e di un numero minimo di posti lavoro (sono pochissimi quelli che scelgono questa opzione) e soprattutto grazie all’acquisto di un immobile di un valore minimo di mezzo milione di euro. Così, in questi tre modi, il permesso di soggiorno viene concesso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere rinnovato successivamente. «Chi ha disponibilità economiche importanti, non si pone il problema di comprare una casa anche a un valore molto più alto rispetto a quello di mercato per ottenere il Golden Visa – spiega Fabiana Pavel – in questo modo, però, contribuisce all’aumento dei prezzi degli immobili», e così, si “droga” il mercato immobiliare. Se i costi degli immobili sono drogati da chi vuole ottenere il Visto Gold, sicuramente un altro fattore decisivo che ha fatto schizzare i prezzi in questi ultimi anni è stata la fortissima e massiccia speculazione edilizia perpetuate dai fondi d’investimento immobiliari, tra le più conosciute e ultimamente criticata da Morar em Lisboa e Stop Despejos c’è la Stone Capital, già oltre quaranta progetti di lusso tra hotel e appartamenti in poco più di otto anni e che ha suscitato un grande clamore e una valanga di critiche da parte di queste piattaforme cittadine, quando ha lanciato una delle sue pubblicità più famose dove si affermava che Lisbona è la California d’Europa mentre in tutti i quartieri storici della capitale lusitana gli affitti e i costi delle case aumentavano a dismisura e questo, mentre e i residenti e le botteghe tradizionali erano espulsi e costretti a trasferirsi in periferia. Lisboom o Lisbomba significa anche una presenza massiccia ed esagerata in città di alojamentos locais, ovvero degli appartamenti o delle piccole pensioni, un introito economico certo non indifferente per un portoghese che magari già possedeva una casa nel centro delle città e che sfruttando a proprio vantaggio la “turistificazione”, è riuscito a trovare una fonte di reddito integrativo spesso vitale, perché prima, vivendo solo con uno stipendio medio, arrancava alla fine del mese. Ma Lisboom è soprattutto AirBnb, alberghi e catene commerciali internazionali: soldi che vanno all’estero e non creano molto lavoro per i cittadini portoghesi, se non precario, instabile e stagionale; discorso differente per le casse dello Stato dove il turismo è una delle entrare principali e decisive per la crescita economica raggiunta negli ultimi anni. Lisboom, sempre più uguale alle altri capitali europee, rischia di perdere definitivamente la sua anima e la sua identità? Nel dubbio, diverse città vicine a Lisbona – dall’altra parte del fiume Tejo – stanno diventando meta dei portoghesi e degli stranieri residenti qui da tempo che non riescono più a permettersi un affitto nella capitale portoghese. Ce n’è una in particolare, la “miracolosa” Almada. Qui c’è anche chi è riuscito a comprare casa a prezzi molto convenienti, ad esempio una casa di 70mq a meno di 80mila euro. Ma anche qui i prezzi iniziano a crescere: «Si sta verificando quello che succede molto spesso nella prima fase della gentrificazione – aggiunge Fabiana Pavel – artisti e creativi, in generale si trasferiscono in un quartiere più economico rendendolo interessante e culturalmente attivo, poi arrivano successivamente persone con maggiori risorse finanziarie e di conseguenza, dopo un po’ , parte anche la speculazione immobiliare, come è già successo ad esempio a Intendente, zona poco distante dal centro di Lisbona». Tra chi non riesce più a sostenere il costo della vita nella capitale portoghese, c’è anche chi prima di abbandonare definitivamente la città prova a lottare e a cambiare la situazione.Associazioni e piattaforme cittadine, come le già citate Morar em Lisboa e Stop Despejos, non solo lottano per il diritto all’abitare ma anche per la difesa degli spazi sociali, e molto spesso lo fanno attraverso petizioni pubbliche.
Alfama, il Tejo, il museo giudaico e i croceristas terroristas
Graça, uno dei quartieri presi ultimamente di mira dalla speculazione immobiliare e dalla gentrificazione, prova ancora a resistere (e non solo nel romanzo di Fonseca): in questo momento è attiva una petizione pubblica contro la costruzione di un nuovo edificio con quaranta appartamenti di lusso denominato Jardim da Glória, guarda caso un progetto della su citata Stone Capital. Mentre Alfama è ormai da tempo completamente gentrificata a uso e consumo dei turisti: nel quartiere più antico di Lisbona – uno di quei pochi che resistette al terremoto del 1755 – fino a un paio di anni fa, passavano indisturbati i Tuk Tuk (taxi aperto a tre ruote, importati dall’India e utilizzati in maniera esagerata dai turisti) a Rua dos Remédios, una delle arterie principali del rione; la via era diventata un inferno, la media era di 55 in un’ora, quasi uno al minuto, dalle 10 di mattina alle 7 di sera. Successivamente il Comune prese dei provvedimenti e ora in Alfama, e in molti punti turistici della città, è vietato il passaggio, preservando la quiete di chi vive in queste zone. Tuttavia il problema si sta riproponendo in forma diversa: adesso i turisti passano in bici al seguito di visite guidate a tutte le ore del giorno. A due passi da questo quartiere, e ben visibile, c’è quello che in italiano chiamiamo il Tago. Il fiume che nasce in Spagna e in Portogallo diviene Tejo, prima di sfociare nell’Oceano Atlantico. Il fiume che spesso viene scambiato per un mare e invece è un estuario (l’oceano è a più o meno venti chilometri di distanza). Fino a pochissimo tempo fa era bellissimo guardare il Tejo da alcuni punti privilegiati di Alfama: «Abbiamo lottato finché abbiamo potuto, alla fine però questi “mostri” sono arrivati, magari non sono presenti tutti i giorni ma quando arrivano deturpano l’ambiente visivo e sonoro, è un panorama terrificante». Maria Lurdes, presidente dell’Appa- Associação do Património e da População de Alfama, una delle associazioni che integra il Movimento Morar em Lisboa sin dalla sua creazione, non le manda a dire. È stata una lotta durata tanti anni quella dell’Appa e alla fine è stata persa: il nuovo porto, ristrutturato e situato lungo il Tejo, tra la stazione di Sant’Apolonia e Praça do Comércio, è attivo. Anche cinque navi da crociera al giorno, Croceristas terroristas, è stato scritto su un muro nei dintorni del porto. Ma la scritta sarà tolta, mentre dai miradouros, i belvedere del quartiere dove si può osservare il fiume e il paesaggio in tutta la sua emozionante bellezza, ormai, con l’arrivo dei “mostri”, questa finestra unica sul fiume, è stata rovinata per sempre. C’è un’altra battaglia ancora in corso e una petizione pubblica che l’Appa sta portando avanti da diverso tempo: riuscire a evitare l’abbattimento di alcuni edifici in Largo de São Miguel, piazza centrale e cuore pulsante dell’Alfama, dove la Câmara Municipal, il Comune, vuole far costruire a dei privati una nuova struttura e far sorgere il museo giudaico di Lisbona. Non c’è nessuna lotta religiosa e ideologica, per l’Appa, il museo giudaico si deve fare ma non lì, perché quello è uno spazio adatto ai residenti alfacinhas nuovi e/o storici e soprattutto per chi si ritrova senza abitazione. L’associazione di Maria Lurdes crede che questi edifici debbano essere ristrutturati se possibile o eventualmente ricostruiti per poi essere affittati a prezzi accessibili a favore della popolazione locale e di chi ne ha bisogno. Per questo è stata avviata un’azione legale che è stata depositata presso il Tribunal Administrativo e Fiscal de Lisboa lo scorso 15 aprile, dove si dichiara che si dovrebbero costruire alloggi in Largo de São Miguel, invece del museo. Il Comune, però, sembra intenzionato a contestare quest’azione nonostante vi sia anche la petizione pubblica dell’Appa sulla questione che raccoglie più di mille firme a proprio favore. Difficile, almeno per il momento, capire come andrà a finire.
Il caso Adamastor può diventare un precedente pericoloso
Lisbona si sviluppa su sette colline e possiede 19 miradouros ufficiali, ovvero dei belvederi che regalano quasi tutti magnifiche panoramiche della città, e se i miradouros presenti ad Alfama, come già detto, sono spesso durante il giorno deturparti dalle navi da crociera, ce n’è uno addirittura attualmente “chiuso” al pubblico. È il miradouro di Santa Catarina, uno dei terrazzi più popolari di Lisbona. Da questo palco affacciato sul Tejo si poteva osservare anche il Ponte 25 de Abril ma questo luogo era molto più di un belvedere lisboeta qualsiasi. Conosciuto e noto a chi vive in città con il nome di Adamastor, per via della statua al centro di questa terrazza, raffigurante per l’appunto Adamastor, un gigante basato sulla mitologia greca, creatura inventata dalla fantasia di Luís de Camões nel poema epico Os Lusíadas; fino a inizio estate dello scorso anno era un punto di vista privilegiato sull’azzurro dorato, un salotto intimo aperto a chiunque e tra il prato incolto e i tavolini del chiosco si radunavano giovani e meno giovani, per bere una birra, stare insieme, socializzare e godersi il panorama, a due passi dai quartieri del Bairro Alto e dello Chiado. L’Adamastor ufficialmente è chiuso per opere di riqualificazione da circa otto mesi ma i lavori sono cominciati solo un mese fa: ad agosto 2018 la Câmara Municipal, chiudeva improvvisamente il miradouro, per “opere di riqualificazione dello spazio” e che contemplavano l’installazione di una recinzione permanente, inoltre, venne avanzata la possibilità di revocare la concessione del Chiosco (presente all’interno del belvedere e di proprietà della stessa Câmara) all’attuale gestore per lanciare un nuovo concorso, poiché «il futuro concessionario sarà responsabile non solo di servire i clienti, ma anche di mantenere l’intero spazio pubblico pulito e sicuro» scriveva Público, tra i maggiori quotidiani nazionali. Una risposta, forse, da parte del Comune ai residenti e all’hotel preoccupati per il decoro dello spazio: il miradouro di Santa Catarina si è sempre contraddistinto, rispetto agli altri belvedere della città, per la sua atmosfera bohémien, tra i suoi frequentatori, infatti, c’erano giovani studenti e artisti di strada, ma anche turisti in cerca di droghe leggere. Non è un segreto per chi chi vive a Lisbona che l’Adamastor e la via che si percorre prima di arrivare, era popolata (e continua ad esserlo) quotidianamente da pusher di fumo e erba e che venivano consumate sul posto. Diversi abitanti e commercianti del quartiere hanno cominciato a protestare da tempo per la situazione che si era venuta a creare. Da tempo, infatti, i membri dell’associazione di residenti A voz do bairro lamentano che «questo Miradouro è noto anche a livello internazionale come un luogo di vendita di droga e che produce una situazione di marginalità». E poi è arrivato un hotel, nuovo, come ne sono spuntati molti negli ultimi tempi a Lisbona, a rendere ancora più complessa la situazione: all’inizio dello scorso anno nella piazza antistante il belvedere, sorgeva un lussuoso hotel ricavato da un palazzo del 1750 vista Tejo, c’è chi ha previsto fin da subito che i facoltosi clienti della struttura ricettiva potessero non vedere di buon occhio i frequentatori abituali dell’Adamastor. L’Adamastor si avvia così a essere,il primo Miradouro in città, tra i più frequentati, con un accesso condizionato e questo creerebbe un precedente poco tranquillizzante per il futuro degli altri belvederi presenti nel centro della città, oltre al fatto, non irrilevante, di provare a realizzare una sorta di “igienizzazione sociale” cambiando definitivamente la clientela abituale di Santa Catarina. C’è però chi si batte per far si che l’Adamastor torni a essere un luogo accessibile e libero a qualsiasi ora del giorno: il movimento Libertem o Adamastor! già nel settembre 2018 lanciò una petizione online contro il posizionamento della recinzione e l’accesso condizionato al miradouro, misura che ha sempre considerato arbitraria e autoritaria, «Il mantenimento della sicurezza pubblica e la tranquillità dei residenti non dipendono necessariamente dalla chiusura notturna del belvedere», ha dichiarato qualche mese fa Ramos Rosa, uno dei portavoce del movimento. E infatti il traffico di droga continua indisturbato, anche con l’Adamastor chiuso al pubblico.
Lo spazio verde e necessario del Jardim Martim Moniz
Non c’è solo l’Adamastor, seppur rappresenti simbolicamente una svolta ideologica ed economica definitiva dei luoghi pubblici come i belvedere nella concezione comunale. Non passa giorno ormai che non si moltiplicano le lotte e le battaglie per conservare gli spazi sociali in città, uno degli ultimi esempi, è il caso di Praça Martim Moniz: con un giardino rimesso a posto anni fa e dove vi sono vari stand enogastronomici, grazie al progetto del Mercado Fusão avviato qualche anno fa. Ristoranti multiculturali, concerti, workshops e altro ancora ma ora si vuole cambiare tutto, sostituendo i chioschi e rendere la piazza e il giardino una sorta di centro commerciale all’aperto con circa quaranta negozi funzionanti. Attivo da poco tempo, si è subito formato un gruppo, riunito in una sigla, Jardim Martim Moniz, e che si batte contro la creazione di questo polo commerciale. Un impatto terrificante secondo chi vive nei dintorni e che si è riunito in questo collettivo, perché sarebbe a loro avviso un delitto sociale e ambientale abdicare a uno spazio verde e pubblico nel centro di Lisbona. Quando il progetto del Mercado Fusão fu inaugurato nell’estate del 2012, molta della popolazione locale fu contenta, ora questo cambiamento non è accettato, anzi, è contrastato. La lotta sarà lunga e nessuno sa ancora come andrà a finire, nel frattempo ed è partita anche qui una petizione pubblica che in poco tempo ha già raggiunto le 2mila firme. La gentrificazione non è solo è un fenomeno portoghese, ma europeo, più marcatamente sud europeo, la lotta infatti si svolge anche a Barcellona, Madrid, Berlino, Venezia, Napoli, Siviglia e in altre città e le associazioni portoghesi fanno rete con altri movimenti continentali, ad esempio sono molte attive l’organizzazione Mietenwahnsinn European Action Coalition for the Right to Housing and to the City, e la SET- Sul da Europa perante a turistificação.
L’arte salverà Lisbona
Associazioni, movimenti, piattaforme cittadine a Lisbona e in altre città europee, unite per contrastare la gentrificazione e la turistificazione. E poi l’arte. In particolare due lavori artistici molti conosciuti nella capitale portoghese: il primo è un documentario, Terramotourism, realizzato dal collettivo Left Hand Rotation già qualche anno fa, è un ritratto della trasformazione della città mettendo a confronto gli effetti del famosissimo e devastante terremoto che si verificò a Lisbona nel 1755 e della “turistificazione”, come nuovo sisma sociale ed economico. Il secondo è un murales dello street artist Andrea Tarli, artista ascolano che in passato ha realizzato diversi lavori anche per la GAU (Galeria de Arte Urbana de Lisboa) e che con una sua opera partecipò nel 2016 a Paratissima Lisboa, un progetto espositivo pubblico e di spazio urbano di arte contemporanea. È una donna anziana che spruzza una bomboletta spray in faccia a un turista, una metafora della lotta dei residenti storici contro i turisti; il murales si trova in Largo do Achada, nel quartiere Mouraria e suscitò (e lo fa ancora oggi a distanza di tempo) molto clamore nell’opinione pubblica. «Todos têm direito, para si e para a sua família, a uma habitação de dimensão adequada, em condições de higiene e conforto e que preserve a intimidade pessoal e a privacidade familiar». Questo dice l’articolo 65 della Costituzione portoghese post dittatura: Tutti hanno diritto, per sé e per la propria famiglia, a un’abitazione adeguata e confortevole e che preserva l’intimità e la riservatezza personale e famigliare. È vero, questo non significa che tutti hanno diritto ad avere una casa a Lisbona, ma chi vive da 20, 30 o addirittura 40 anni nello stesso quartiere ed è costretto ad andare via? Lisbona non scintilla più, o almeno non per tutti.
Pubblicato su Il Salto (08/05/2019)